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Bella addormentata -  Marco Bellocchio

Bella addormentata -  Marco Bellocchio

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Dalla città del proprio collegio elettorale, il senatore Beffardi è in procinto di andare a Roma. Il giorno dopo è in programma in aula una importante votazione che riguarda l'eutanasia e il senatore deve scegliere se dirsi favorevole ad un testo che va contro la sua coscienza o disubbidire alla disciplina del partito. Nel frattempo non riesce a parlare con sua figlia Maria che, attivista del Movimento per la Vita, manifesta davanti alla clinica di Udine dove è ricoverata Eluana. Poco prima, all'autogrill, Maria aveva incrociato un giovane schierato sul fronte opposto, che l'aveva insultata. Roberto, fratello di lui, ora le chiede scusa. Di lui Maria si invaghisce, lo accompagna in albergo e passa la notte con lui. Quando cerca di rivederlo, Roberto è andato via. I una grande casa, un'attrice famosa ha rinunciato al'attività per stare vicino al letto dove la figlia giace da anni in coma irreversibile. Inutilmente il fratello della malata prova ad attirare l'attenzione su di sè con un saggio di recitazione. Dopo aver tentato il suicidio, una ragazza di nome Rossa viene ricoverata in ospedale e qui un medico chiamato Pallido, dopo averla curata, decide di assisterla, impedendole ulteriori tentativi di suicidio. Passa la notte, e la mattina seguente Rossa, vedendo Pallido addormentato, vuole approfittare del momento per gettarsi dalla finestra, ma all'ultimo ci ripensa e torna dentro nel proprio letto. Intanto, arrivata la notizia dells morte di Eluana, l'attività politica è stata sospesa. Il senatore ha così potuto evitare di arrivare alla votazione, ma ha comunque rassegnato le dimissioni dall'incarico e ora consegna alla figlia il testo dell'intervento che avrebbe voluto leggere in aula.

Regia:  Marco Bellocchio

Interpreti: Toni Servillo (sen. Uliano Beffardi), Alba Rorhwacher (Maria), Michele Riondino (Roberto), Isabelle Huppert (divins msdre), Maya Sansa (Rossa), Pier Giorgio Bellocchio (dr.Pallido), Gian Marco Tognazzi (marito della divina madre), Roberto Herlitzka (lo psichiatra), Brenno Placido (Federico), Fabrizio Falco (Pipino), Gigio Morra, Federico Fracassi

Sceneggiatura:  Marco Bellocchio, Veronica Raimo, Stefano Rulli c

Fotografia: Daniele Ciprì

Montaggio: Francescs Calvelli

Musiche: Carlo Crivelli

Durata: 1 ora e 55 minuti

 Biglietti esselunga Vieni al cinema alla domenica sera - a Casatenovo costa meno Prendi sei e paghi cinque - Tessere a scalare

Valutazione Pastorale (dal sito della CNVF della Conferenza Episcopale Italiana)

Giudizio:  complesso, problematico, dibattiti

Tematiche: Eutanasia; Famiglia; Libertà; Politica-Società; Scienza

Intorno agli ultimi giorni di vita di Eluana Englaro (siamo nel febbraio 2009), Bellocchio costruisce quattro vicende che vorrebbero essere esemplari della complessità di un dibattito, che chiede certamente a tutti uno sforzo in termini di dialogo e di reciproco rispetto per superare contrasti ruvidi, aspri, scostanti che spesso non portano a niente. Il pro e il contro rispetto all'applicazione dell'eutanasia svariano dalla politica alla militanza religiosa, da una opposizione radicale agli eccessi di un'accettazione sorda e fuori misura. Al centro, quasi a fare da cuscinetto, una ragazza che si fa convincere dalla generosa attenzione di un medico e rinuncia al suicidio. Il gesto di ribellione del senatore alle direttive del partito evidenzia l'incapacità del partito stesso ad accogliere opinioni differenti. La partecipazione di Maria alla veglia e il suo repentino cedere al fascino di Roberto sembrano disegnare il ritratto di una ragazza instabile e poco equilibrata. La nobile attrice si muove chiusa e incattivita nello scenario di una casa bella e decadente. Non è sempre bene amalgamato l'incontro tra realtà e finzione in questi episodi affidati dal regista ad una rappresentazione elegante e preziosa, lucida nella gestione delle situazioni e al tempo stesso carica di notazioni accompagnate da ferma denuncia sociale e politica, tuttavia non prive di uno sguardo fuori centro e sbrigativo. Una veste narrativa calibrata e meditata tiene talvolta in secondo piano l'attenzione autentica e sofferta per il problema del fine vita, per la sofferenza dell'essere umano e per chi a questa sofferenza si dedica. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e opportuno per dibattiti

Utilizzazione: il film può essere utilizzato in programmazione ordinaria, ben tenendo presenti le ampie sfaccettature dei temi trattati, che chiamano in causa sensibilità civili e spirituali, sfere pubbliche e private, istanze politiche difficili e dolorose. L'autore mette il proprio, lungo mestiere al servizio di un testo quasi 'semplice' e discorsivo e tuttavia punteggiato da notazioni, passaggi, soluzioni narrative coerenti con il bagaglio culturale e etico del cineasta di Piacenza. Giusto corredare la visione con supporti critici e, in successive occasioni, approfondire gli argomenti con contributi e supporti di riflessione.

Bella addormentata -  Marco Bellocchio

cinematografo.it - Fondazione ente dello spettacolo ***** Se sono libero di scegliere, allora come devo vivere? La risposta di Marco Bellocchio è da Leone

Marco Bellocchio va a letto, anzi, porta a letto i suoi ultimi personaggi, trovati e creati davanti al capezzale di Eluana Englaro. Su tutte, dorme lei, Bella addormentata. Sono vite di uomini e donne non illustri a girarle intorno, sebbene ci sia anche un politico, un senatore, che deve decidere come votare per una legge terapeutica per alcuni, accanita per altri. La bella addormentata è il sole attorno a cui ruotano pianeti così lontani così vicini: movimenti di rotazione e, per alcuni, movimenti di rivoluzione. Bellocchio cerca le convergenze, che siano rotte padre-figlia e madre-figlio, specularità di credente e non credente, rapporti medico-paziente. Tutti sul letto, qualcuno metaforicamente sul lettino, anche se l’analisi concede il passo alla psichiatria, ovvero, alla prescrizione farmacologica. Ma il pharmakon – lo psichiatra Roberto Herlitzka - poco può curare, soprattutto se somministrato dalla sentenziosità.

Il letto, i letti. C’è il letto in cui vegeta la figlia di una grande attrice (Isabelle Huppert), ritiratasi per vegliare quel coma irreversibile: non sacrifica solo la carriera, ma figlio e marito (Gian Marco Tognazzi), perseguendo il miracolo nella sterile preghiera. Preghiera che non prega, ma isola, esclude: Divina Madre la Huppert, ma solo di nome, perché non è più madre, e le sue litanie sono profane, teatrali. Recita ancora, recita a casa il ruolo “salvifico” che s’è scelta. Ma non è ragione di vita, in più di un’accezione.

C’è il letto d’amore di Maria (Alba Rohrwacher) e Roberto (Michele Riondino), che si incontrano davanti alla clinica della discordia: lei prega, lui no, ma il letto in cui finiscono è lo stesso. Lui ha un fratello psicotico, lei un padre, Uliano Beffardi (Toni Servillo), che fa il politico, ma non è politico: una moglie morta in un ultimo abbraccio in ospedale, un partito, il PdL, che non sembra concedergli libertà di scelta. E coscienza. Diviso tra pubblico e privato, segreti e potenziali bugie, è lui quel che sta peggio e che più di altri deve lasciarsi accadere: per il politico decide Eluana, per l’uomo può ancora decidere lui.

Non a caso, Uliano è con la Divina Madre l’unico che non va a letto: non può dormire, e chi non dorme ha la coscienza sporca o, almeno, l’ha lasciata imbrattare. A Roma, nel Palazzo, nel suo caso, nell’accanimento terapeutico e anaffettivo, nel caso della Divina.

C’è anche una heroin-chic che vuole morire (Maya Sansa), si chiama Rossa e si taglia le vene, ed è un medico Pallido (Pier Giorgio Bellocchio) a metterla a letto: letto d’ospedale e, forse, d’amore.

Sono diverse Italie, negli ultimi sei giorni di Eluana, tenute insieme dalla Domanda: come, perché vivere? Se Eluana può morire, Rossa va salvata, se Uliano è stato dolce, ora che sceglierà? E - Maria e Roberto - si può essere su posizioni ideologiche diverse, ma appaiati a letto? Si può, e il film di Bellocchio è di cristallina, lapalissiana possibilità. Non la tesi, non le barricate, che non tengono nemmeno in punto di morte, ma i “vecchi” esami di coscienza, la possibilità della speranza.

Vogliamo chiamarla libertà? Faremmo bene, perché viene in mente la Libertà di Franzen: “Se sono libero di scegliere, allora come devo vivere?”. Il film mette in scena quel se, in un crescendo ostativo: ideologia (Maria e Roberto), famiglia (Maria, Roberto, Uliano, Divina Madre), droga (Rossa) e coma (la figlia della Divina Madre). Chi da Bella addormentata in lizza per il Leone s’aspettava il contrario, “Se non sono libero di scegliere, allora come devo morire?”, potrebbe rimanere deluso.

Peggio per lui: è ancora buongiorno, notte, ma vince la luce. La luce del cinema, di questo cinema, sulle tante ombre del nostro Paese, abulicamente e bulimicamente piegato dalle immagini mediate e mediatizzate, con i politici a mollo davanti allo schermo, alle news. Due acquari che si specchiano. E la ragion mediatica, crediamo, avrebbe voluto un altro film: denuncia urlata, clamorosa e manichea del caso Englaro. Bellocchio no, Bellocchio è bello, l'Italia dorme. Ma dorme con la coscienza sporca. Uliano lo dice: "Mi sono rotto il ... delle immagini". Anche noi, ma non di queste immagini. Tutto il resto è psicodramma: non quello della Englaro, quello nostro quotidiano. Da cui Bellocchio prova a liberarci liberando le sue immagini, ovvero rendendoci liberi di scegliere come vivere. E lo fa dando al più impassibile, "mediaticamente" inerte dei suoi uomini e donne, Pallido, la possibilità di salvare. Salvarci. Da altre, brutte immagini. Perché se sono libero di scegliere, allora come devo guardare? (Federico Pontiggia)

Tony Servillo

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