Auditorium di Casatenovo. 50 anni di cinema e teatro

Men in Black 3

Men in black 3

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Terzo capitolo delle avventure degli agenti Jay (Will Smith) e Kay (Tommy Lee Jones). Questa volta l'agente J sarà impegnato a viaggiare indietro nel tempo con la missione di impedire l'uccisione del giovane agente K, evitando inoltre che una reazione a catena distrugga il pianeta Terra.

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Regia: Barry Sonnenfeld

Interpreti: Will Smith, Tommy Lee Jones, Josh Brolin, Jemaine Clement, Rip Torn, Alice Eve

Sceneggiatura: Etan Cohen, David Koepp

Fotografia: Bill Pope

Montaggio: Wayne Wahrman, Don Zimmerman

Musiche: Danny Elfman

Valutazione Pastorale (dal sito della CNVF della Conferenza Episcopale Italiana)

Giudizio:  consigliabile, semplice

Tematiche: Avventura; Famiglia - genitori figli; Fumetti

Dopo l'esordio (1997) e il seguito (2002), questo numero 3 cerca di allargare la dinamica narrativa, inserendo un 'doppio' e facendo ricorso ad un molto sfruttato espediente narrativo (indietro nel tempo). I due agenti diventano tre, forse quattro se contiamo anche J da piccolo: il che inserisce la nota del rapporto padre/figlio. Il copione tuttavia risulta in certi passaggi involuto, non sempre scorrevole. Restano simpatici gli effetti speciali, e il clima generale di un favola tecnologica nella quale gli alieni non riescono ad eliminare la presenza decisiva degli umani. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile e nell'insieme semplice.

Utilizzazione: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in seguito come prodotto spettacolare di facile fruizione per tutti.

cinematografo.it - Fondazione ente dello spettacolo ***** Will Smith e Tommy Lee Jones are back (in the days): un occhio alla Luna, l’altro a Obama e Romney

Gli Agenti J (Will Smith) e K (Tommy Lee Jones) sono tornati! Lunga vita ai Men in Black, che al terzo approdo in sala non deludono le attese: ironia, simpatia e la solita, buona, vecchia missione, salvare il Pianeta Terra. Ma qualcosa è cambiato: a preoccupare J non sono più tanto gli alieni quanto il suo partner, immusonito come non mai. La cura è nel passato, anno “lunare” 1969: back in the days, sorti uguali e contrarie, destini reversibili, e il 69 aiuta. Mentre lo shuttle parte per Cape Canaveral, K ha il volto di Josh Brolin, Jemaine Clement quello della nemesi Boris l’Animale, l’aiuto alieno è Griffin (Michael Stuhlbarg) e i singhiozzi temporali frullano paternità (delegata) ed eroismo, scudo spaziale e teleologia varia.

Si sorride, non si ride, e si saluta il ritorno sulle scene di Will Smith, che a Hollywood ha un passo e una presenza da novello Tom Cruise: buona notizia, dunque, come pure il passo doppio di Lee Jones e Brolin, tutti scorza e distintivo, per tacere di Emma Thompson, fascinosa Woman in Black, che qui è O ma quale M di 007 – ci scusi Judi Dench – farebbe faville.

E ci sono alcune chicche: Nostro Signore dei Mostri, Tim Burton, in video-cammeo, e qualcosa a proposito di Andy Warhol e Mick Jagger. Il primo è un collega di J e K sotto copertura, e non ne può più di happening e modelle che sono tutte aliene, mentre il folletto dei Rolling Stones è sorvegliato non dall’FBI, ma proprio dai Men in Black, causa presunta natura extraterrestre. Insomma, l’ucronia continua a farla da padrone, farcita di bon mots, 3D senza infamia né lode, effetti visivi, effetti alieni e tanta nostalgia per quel “piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l'umanità”.

Meno isolazionisti di The Avengers, il regista Barry Sonnenfeld e lo sceneggiatore Etan Cohen tengono l’alieno in due staffe: c’è quello buono, ma pure quello cattivo, da fronteggiare dietro uno scudo di reganiana memoria. Del resto, siamo in campagna elettorale, c’è Romney e c’è Obama: chi vincerà nemmeno MIB3 lo sa. (Federico Pontiggia)

La critica

"Siamo quasi alle solite con i due agenti, il silenzioso e il logorroico, che per conoscersi meglio tornano al passato (nuova, questa...) sempre con orribili alieni di mezzo e breviari psicologici alla mano. Tommy Lee Jones, che nel '69 diventa Josh Brolin, e il redivivo Will Smith, fanno il loro ironico dovere, ma dire che l'attenzione sia spasmodica sarebbe mentire, nonostante inutili 3D. Due cose belle: la sequenza del salto nel passato (vero volo con vertigine) e i 127 nuovi mostri del maestro Rick Baker." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 25 maggio 2012)

"Il tempo. Il tempo è il vero protagonista di 'Men in Black 3', il tempo che ha fatto lievitare i costi della superproduzione fino a superare i 200 milioni di dollari, il tempo che è costato soprattutto due anni di riscritture del copione che non tornava mai. Difficile ripescare dopo dieci anni un 'franchise' di successo (600 milioni incassati dal primo film nel 1997, 450 dal secondo nel 2002) cercando di non scadere nella sindrome della minestra riscaldata. Per di più ci si è messa di mezzo anche la Amblin di Steven Spielberg, che figura come produttore esecutivo. Per il resto, come si dice, squadra che vince non si cambia. (...) Nel filone fantascientifico, letterario e cinematografico, l'umorismo è merce rarissima, il futuro in genere è considerata cosa troppo seria. Con belle eccezioni come Douglas Adams sulla pagina scritta e 'Mars Attacks!' di Tim Burton sullo schermo. 'Men in Black', invece, dello humour ha fatto un punto di forza, grazie soprattutto alla simpatia di Will Smith in perfetta sintonia con la faccia di legno del partner Tommy Lee Jones. Il problema era riportare in vita la coppia di agenti anti-alieni cattivi, utilizzando gli stessi ingredienti, ma senza rimestare in un calderone che in questi ultimi anni hanno utilizzato in molti. (...) Meno azione rispetto ai capitoli precedenti, ma si può apprezzare il consueto splendido lavoro di Rick Baker, mago del make-up, che anche in questo terzo episodio sbriglia la fantasia inventando un campionario di macchine e creature aliene da lasciare a bocca aperta. Di nuovo c'è il 3D, ormai elemento irrinunciabile per questo genere di film. Aggiunge qualcosa? No. Qualche bella panoramica di Manhattan, un paio di trovate nelle sequenze d'azione, ma sostanzialmente il 3D resta un gadget. Molto lontano dalla sua funzione narrativa pensata da Scorsese in 'Hugo Cabret'." (Aldo Lastella, 'La Repubblica', 25 maggio 2012)

"Il numero uno era stato un successo planetario, il secondo aveva registrato un incasso più deludente. E adesso? Quale sarà l'impatto del terzo 'Men in Black', basato sul popolare comic di Lowell Cunningham? (...) Perché questo sequel è senz'altro meglio riuscito del precedente; e non essendo affatto cupo - anzi è buffo e colorato - si direbbe particolarmente indicato per il pubblico pop-corn dei ragazzini. Pur sfruttando il risaputo meccanismo del viaggio nel tempo, la storia è abbastanza ben congegnata. (...) Per la terza volta al comando di regia, Barry Sonnenfeld conferma la sua solida professionalità (prima di esordire con 'La famiglia Addams' era stato direttore di fotografia dei Coen) e la sua vena umoristica; Smith e Jones sono la coppia indovinata che sappiamo, ma la vera sorpresa è Josh Brolin, che impersonando K giovane con sorniona ironia ruba la scena a tutti." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 25 maggio 2012)

"Cosa ci fa l'agente Jay (alias Will Smith) in vetta al Chrysler Building di New York in completo nero con in mano uno strano amuleto d'argento e di pietre forgiato e sugli occhi degli occhiali da moto per difendersi dal vento? Si sta per lanciare nel vuoto sottostante cercando di infilare - secondo le indicazioni di un improbabile negoziante di televisori - una porta temporale che lo conduca direttamente al luglio 1969, il giorno prima del primo lancio sulla luna. (...) Il terzo episodio di 'Men in Black', come si sarà capito, è una sorta di prequel dei precedenti con un'idea di sceneggiatura (abbozzata da Ethan Cohen) non certo originale, ma molto efficace per il suo immaginario, capace di immettere nuovi tasselli nella storia di amicizia tra Jay e K. D'altronde non si viaggia nel tempo per nulla, e oltre a salvare il mondo si cerca sapere qualcosa di più della propria storia, del dove veniamo e chi siamo. L'agente Jay, orfanello, vedrà in faccia la sua storia e il mistero di K. I fan della serie rimarranno affascinati perché, oltre alla forza della storia, c'è anche l'uso mirabolante degli effetti speciali. Il 3D è anche in questo caso inutile, costa solo più della metà del biglietto normale." (Dario Zonta, 'L'Unità', 25 maggio 2012)

"II primo 'Men in Black', uscito nel 1997, riscrisse, in un certo senso, il genere fantascientifico. La novità, rara di quei tempi, fu quella di abbinare al classico schema sci-fi i toni da commedia dimostrando anche ai puristi che il fantasy poteva andare di pari passo con la risata. La scommessa, al botteghino e nei giudizi del pubblico, fu vinta con più di 550 milioni di dollari incassati nel mondo. Cinque anni dopo si provò a ripetere l'operazione con il secondo 'Men in Black' ma i risultati, sia qualitativi, sia di box office, furono ampiamente sotto alle attese. Adesso, con l'originale terzo capitolo, si prova a rivitalizzare una serie, comunque intrigante, alla quale tutti noi dobbiamo qualcosa e non solo per i motivi sopra citati. Per dare un senso di novità, cosa hanno pensato alla Sony? Di unire sequel a prequel spedendo i due agenti, J e K, nel passato. (...) Non potendo ringiovanire Tommy Lee Jones, ecco che viene arruolato, nel cast, Josh Brolin che ne incarna perfettamente la dimensione in formato 'young'. Qui, addirittura, risulta anche più socievole di come siamo abituati a vedere K negli altri episodi, pur lasciando intravedere lati di quel carattere resi famosi dal magnifico Lee Jones. Per fortuna, il viaggio retrò non ha intaccato l'essenza ironica della serie, regalandoci anzi alcune chicche come, ad esempio, la strepitosa performance di un «particolare» Andy Warhol. Will Smith, dal canto suo, si limita a fare ciò che gli riesce meglio, ovvero esibire la sua incessante loquacità. Il 3D, spesso inutile in analoghi prodotti, risulta qui un'arma in più per attirare pubblico in sala, soprattutto per l'incredibile scena della sequenza del salto nel tempo, dalla resa notevole. Un film per la famiglia, che diverte, regalando ai fan anche insospettabili colpi di scena." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 25 maggio 2012)

"Lunga vita ai Men in Black! Gli agenti J (Will Smith) e K (Tommy Lee Jones) devono salvare ancora il Pianeta Terra, ma qualcosa è cambiato: a preoccupare J non sono più gli alieni quanto un K irascibile e musone. La cura? Back in the days, anno 'lunare' 1969: i destini sono reversibili, e il 69 aiuta. (...) E piovono chicche: Tim Burton in video-cammeo, e qualcosa a proposito di Andy Warhol e Mick Jagger. Il primo è un MIB sotto copertura, e non ne può più di happening e modelle che sono tutte aliene, mentre il folletto degli Stones è sorvegliato per sospetta natura extraterrestre. Ironia, 3D d'ordinanza e tanta nostalgia per quel «piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l'umanità», l'ucronìa regna e l'isolazionismo Usa (ma meno che in 'The Avengers') sventola. E l'alieno? Lo si tiene in due staffe: c'è quello cattivo, da fronteggiare dietro uno scudo di reganiana memoria, e c'è quello buono, così come ci sono Romney e Obama. Appunto, chi vincerà 'MIB3' non lo sa." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 24 maggio 2012)

Will Smith

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