Venerdì 8 dicembre | Ore 16:00 e 21:00 |
Sabato 9 dicembre | Ore 21:00 |
Domenica 10 dicembre | Ore 16:00 e 21:00 |
Regia | Rinaldo Gaspari |
Aldo Baglio | Giovanni Storti |
Giacomo Poretti | Silvana Fallisi |
"Anplagghed" lo spettacolo teatrale di Aldo, Giovanni e Giacomo dopo aver fatto il giro dei teatri per tutta Italia approda sul grande schermo. Filo conduttore dello spettacolo è la vita in un quartiere di periferia di una grande metropoli, con un nutrito gruppo di personaggi alle prese con i piccoli e grandi problemi di tutti i giorni. Un ritratto della Terra raccontato da tre Astronauti avveniristici e cialtroni e da un robottino un po’ secchione atterrati con la loro Enterprise su un pianeta sconosciuto abitato da alieni: gli spettatori.
Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema ACEC)
Giudizio: Accettabile, semplice
Tematiche: Il comico; Teatro;
Partita nel febbraio 2006, la tournèe teatrale di Aldo Giovanni e Giacomo "Anplagghed" ha toccato ventidue città italiane, registrando ovunque il tutto esaurito. Il film ripropone quella tournèe, montando pezzi di alcune serate e facendone uno spettacolo che non rinuncia alla 'veste' teatrale, ossia al palcoscenico, ai fondali da sostituire, al pubblico chiamato a partecipare. Gli sketch sono simpatici, il trio regge bene la prova di una comicità molto diretta, a metà tra il realismo che origina da alcune situazione e il taglio surreale di dialoghi e scambi di battute. Incombe una certa staticità narrativa. C'è poco movimento, ossia poco cinema, forse penalizzato dalle riprese effettuate con telecamere ad alta definizione, poi riversate su pellicola. Comunque i contenuti sono misurati, con qualche osservazione di costume azzeccata e opportuna. Nell'insieme un film che, dal punto di vista pastorale, è da valutare come accettabile e del tutto semplice.
Utilizzazione: il film è da utilizzare in programmazione ordinaria, e da proporre in altre occasioni sia come prodotto comico di facile fruizione sia come occasione di rapporto tra teatro e cinema.
Scommessa vinta per il trio Aldo, Giovanni & Giacomo. Che porta sullo schermo un cabaret rivoluzionario
Funziona e anche bene questo teatro riproposto, senza nessun ammiccamento cinematografico, sul grande schermo. Una sorta di moltiplicazione mediatica, scena-tv-cinema che amplifica il gusto senza scalfire il sapore. Una scommessa vinta da Aldo, Giovanni e Giacomo che con Anplagghed al cinema, premiato da migliaia di spettatori nella tournèe italiana per la scena, siglano un piccolo-grande precedente in sala, sottolineando, se ce ne fosse ancora bisogno, il loro eccezionale artigianato comico da cabaret rivoluzionario. I tre attori tra surrealtà, parossismo, scardinamento della logica, abbandono infantile, esorcizzano le paranoie del reale in maniera irresistibilmente ironica e dall'Enterprise di startrekiana memoria, piombano sul pianeta come tre astronauti cialtroni (con loro la brava Silvana Fallisi) e un piccolo robot secchioncello alle prese con la quotidianità di una folle metropoli qualsiasi. Ci sono i teppistelli, gli spacciatori imbranati, i "malati" di jumping, i vecchi rimbambiti eternamente reduci da guerre senza fine e senza tempo, gli intellettuali-artisti fanfaroni e i cretini-ignoranti di ogni età. Raccordati cinematograficamente da immagini in stile playstation, guidati dalla funambolica regia teatrale di Arturo Brachetti, Aldo, Giovanni e Giacomo fanno gol. Aspettando di tornare al cinema vero. (Leonardo Jattarelli)
"Parliamo di specifico cinematografico e-o teatrale? Ma va, parliamo della bravura strepitosa e del tempismo comico di Aldo, Giovanni e Giacomo che per proseguire la tournée col loro show (280.000 presenze), reo confessi lo trasferiscono in un film irresistibile proprio perché di natura teatrale (il fantasy regista è Brachetti), con risate del pubblico. Tagliato e rinnovato in parte, è la storia degli astronauti che cascano sulla Terra e osservano il peggio che c' è in giro. Non è vero che non sono politici, la loro satira, che parte concreta e arriva al puro surreale, fotografa i tempi incivili, nelle scorciatoie più grottesche. Silvana Fallisi in Baglio è un' ottima spalla e i tre «fratelli» si dividono equamente gag e risate, lavorando uni e trini in un unicum comico perfetto e contagioso nel deformare ma non troppo la realtà, sia che si tratta di Bancomat o motorini, terremoti o jumping: l'Oscar va alla scena al museo." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera, 24 novembre 2006)
"Non è un film, ma gli stessi comici del trio lo dichiarano apertamente. E' lo spettacolo che ha girato l'Italia la passata stagione, filmato e distribuito nelle sale 'per chi avrebbe desiderato ma non è riuscito a venire a teatro'. Insomma, un regalo per i fan (...) Non insinuiamo ma è difficile non dire che la curva cinecreativa del gruppo è discendente dopo aver toccato l'apice con 'Chiedimi se sono felice', terzo dei loro sei film." ('la Repubblica', 24 novembre 2006)
"Il teatro filmato non sta mai al top delle passioni cinéfile, ma Aldo, Giovanni e Giacomo costituiscono un caso a parte e la loro bravura può scavalcare valori, gusti e regole. 'Anplagghed' (storpiatura maccheronica dall'inglese unplug, staccare) non sarebbe nient'altro che una versione arricchita e ripulita dello spettacolo goduto nella scorsa stagione da circa 280mila spettatori, ma il condizionale serve a segnalare come la creatività del trio riesca a sabotare l'angustia strutturale e a reinventare sulle misure dello schermo ritmo e sostanza di una strepitosa contro-visione del mondo. Aldo, Giovanni e Giacomo, si sa, sono fuoriclasse della risata, ma non viaggiano sulla cresta dell'onda al pari dei santini Luttazzi, Cornacchione o Guzzanti perché non sfruttano le etichette politiche o le salmodie pedagogiche e preferiscono librarsi nelle voragini di una realtà di per sé grottesca e distorta: sulla base di un'arte mimica degna del primo Fo, di Gaber e del cabaret milanese anni Ottanta, promossa (sacrilegio!) dalle performance tv di 'Mai dire gol', hanno via via perfezionato il delicato ingranaggio dei loro irresistibili annali dell'assurdo. Al cinema le due ultime sortite li avevano trovati fuori forma, ma 'Anplagghed' non va considerato come un passo indietro: la storiella degli astronauti alla «Star Trek», che provano a raccontare di che pasta sia fatta l'umanità, si raccorda in pieno al cinema nonsensico e quasi surreale siglato da giganti come Buster Keaton, Totò o Peter Sellers. L'impressione, insomma, è quella che le gag, gli sketch e i castelli in aria verbali e gestuali non si rifugino nel comfort della registrazione, ma ricamino le traiettorie impazzite della fatica di vivere da un punto di vista tanto più esilarante quanto più strategico e coerente." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 25 novembre 2006)
"Aldo, Giovanni e Giacomo dal teatro al cinema. È una loro consuetudine che ha sempre dato felici risultati. Si pensi a quel loro festosissimo esordio con 'Tre uomini e una gamba', seguito da altri gustosi esperimenti più o meno nelle stesse cifre, da 'Così è la vita', a 'Chiedetemi se sono felice', per arrivare, due anni fa, a 'Tu la conosci Claudia?'. (...) Facendo in modo di arrivare ad una vera e propria galleria di "mostri" che, ad ogni svolta, esibisce tic coloratissimi sostenuti da battute di dialogo una più divertente dell'altro: nel solito clima che fa sempre il successo dei tre, metà surreale metà cronistico. Con lazzi, beffe, ammiccamenti che poi la recitazione si incarica di colorare ulteriormente. Uno spasso, cui difficilmente si resiste." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 25 novembre 2006)
"Resta che trarre dal cabaret un 'film' è un'utopia. Almeno si fossero tolti dai frammenti ricomposti dello spettacolo teatrale applausi e risate del pubblico d'origine... Invece no. Comunque Aldo, Giovanni e Giacomo non sono mai andati per il sottile: capaci di spunti brillanti, non lo sono mai stati capaci di rispettare una sceneggiatura, ance se ideata o dettata da loro stessi. Nella sua formula a episodi 'Anplagghed al cinema' evita questo tipo di difetto, ma ne ha altri; ritmo sommesso, ripetitività intensa, fantasia in riserva o comune tenuta a freno, in particolare per la paura di far male a qualcuno, tipica di chi è 'nato' in tv. Comprensibile. Ma perché, ormai famosi anche fuori dalle tv, vellicare le ipocrisie buoniste anziché scorticarle? Perché evocare il provincialismo anglofobo senza fustigarlo?." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 25 novembre 2006)