Auditorium di Casatenovo. 50 anni di cinema e teatro

Non ti muovere

Sabato 3 aprile Ore 21:00
Domenica 4 aprile Ore 16:00 e 21:00

Una giornata di pioggia, uno stop non rispettato, una ragazza di quindici anni che frena, scivola e cade dal motorino. Una corsa in ambulanza verso l'ospedale. Lo stesso in cui il padre lavora come chirurgo. Mentre un collega opera sua figlia, Timoteo rimane in attesa. Nel terrore dell'evento estremo, racconta, getta la sua maschera di fermezza e cinismo, di padre e marito modello, per svelare un'immagine di sé straniata e violenta. Nella speranza di poter barattare le parole con il silenzio del coma, la morte con la vita, rivela, in un immaginario dialogo con la figlia, un segreto doloroso: la storia, dall'apparenza squallida, di un amore extraconiugale potente e viscerale. Ed ecco apparire un'estate arroventata di tanti anni prima, una squallida periferia urbana, una donna docile e derelitta, con un nome spropositato, Italia.

Regia Sergio Castellitto
Interpreti Sergio Castellitto
Penelope Cruz
Claudia Gerini
Angela Finocchiaro
Marco Giallini
Pietro De Silva
Vittoria Piancastelli
Elena Perino
Renato Marchetti
Sceneggiatura Sergio Castellitto
Margaret Mazzantini

cinematografo.it - Fondazione ente dello spettacolo Castellitto interpreta e stempera con successo il bestseller della Mazzantini. Brava anche Penélope Cruz

La scarpetta rossa di una moderna Cenerentola è tutto ciò che resta di un amore forte, sghembo e passionale, che lascia (naturalmente?) il posto all'altro amore: quello regolare, per una figlia in pericolo, per una moglie lontana e in allarme. Le strofe create da Vasco Rossi accompagnano gridando la fine di una fiaba simile a tante dei nostri giorni: segnate da mille amori, diversi tra loro. Tutti veri. Tutti (o quasi) incompatibili. Forse l'ultima sequenza appare sopra le righe e didascalica. Ma al contrario per tutta la sua durata Non ti muovere è film di carne, sudore e sentimenti; e insieme di regia e di recitazione. Capace anche di travalicare lievi scomodità del libro da cui è tratto, forse perché il regista e protagonista (bravissimo Castellitto nella doppia versione) è un uomo; mentre nella versione letteraria era Margaret Mazzantini a prendersi la responsabilità di raccontare in prima persona i turbamenti intimi di un maschio, quando ama o violenta, promette o tradisce. Compito arduo. Ma il cinema può rubare, e stavolta lo fa, il mestiere alla letteratura. E si rivela ancora una volta strumento principe per raccontare l'epica dei sentimenti. E dei luoghi. Come la periferia sordida, desolata eppure a suo modo affascinante in cui vive Italia (altra interpretazione da applauso, Penelope Cruz). Quando Timoteo, chirurgo dalla vita affettiva piatta, incontra la sgangherata Italia, esserino all'apparenza sgraziato e segnato dal destino ('la mia vita è stata piena di piccoli segni che mi vengono a cercare') scocca la scintilla. La relazione, da violenta, squallida e saltuaria, diventa intensa e profonda. Capace di mettere l'uomo a contatto con il proprio intimo. Proprio il contrario di quanto accade tra Timoteo e la moglie Elsa (Claudia Gerini, una menzione anche per lei), ideale borghese di donna; sfrontata e omertosa, brillante e insieme ottusa, per usare la descrizione che ne fa la Mazzantini. Il giallo di questo amore improbabile si scioglie in una serie di flash-back, attraverso i quali Timoteo ripercorre la vicenda, mentre attende l'esito di un'operazione chirurgica: quella attraverso la quale i suoi colleghi stanno tentando di salvare sua figlia, caduta dal motorino. Ed è tra i sentimenti alterni di un papà, squassato da paura e speranza, che scopriamo come e perché gambe storte e sottili possano diventare più affascinanti di silhouette lunghe e affusolate; perché i capelli da topo di Italia, la brutta cicatrice sul collo, i denti e il sorriso storto possano strappare involontari 'ti amo' alle viscere del chirurgo. Tra le assi sconnesse di un tramezzo nel deserto urbano di Italia e i fondali da sogno caraibico che Timoteo divide con la moglie, questo racconta il film, vince alla fine semplicemente la vita; che colpisce alcuni, grazia altri, lascia riflettere chi ne ha voglia. Come Vasco Rossi, che scrivendo la colonna sonora per il film, inizia proprio cosi: "Voglio trovare un senso a questa storia". (Paolo Aleotti)

La critica

 "C'è un nucleo incandescente in 'Non ti muovere', che Sergio Castellitto ha tratto dal romanzo premio Strega di sua moglie Margaret Mazzantini. Incandescente e sfacciatamente simbolico, ma non adeguatamente sviluppato sullo schermo. La reietta infatti si chiama Italia. E l'amore disperato, inspiegabile che finirà per legare il chirurgo alla devota Italia, è così forte da relegare sullo sfondo tutto il resto, la moglie, la figlia in coma, il Timoteo arrivato che non riesce mai a interessarci. Mentre il film fa la spola fra i due mondi e insiste proprio su questo, sulla duplicità del protagonista, sul suo non saper (non poter) scegliere. Che avrà conseguenze tragiche quando sia la preborghese e premoderna Italia che la moglie fredda e rampante (Claudia Gerini) si scopriranno incinte. In breve, e senza raccontar oltre: fino a che punto possiamo mentire a noi stessi? Quanto tempo si può vivere in letargo? Domande poste con insistita sgradevolezza. Col risultato di mandare cattolicamente assolto questo personaggio capace di riconoscere il cuore pulsante della vita, ma non di rispettarlo e proteggerlo. Per odioso che sia, è facile capire Timoteo, le sue rabbie, le sue viltà. Più arduo accettare che il fantasma di Italia benedica il ritorno all'ordine finale. A meno di prendere la metafora alla lettera. Allora però nella bara non finisce solo una poveraccia, ma una parte essenziale di noi. Ed è questo, dopo tanto furore, a lasciare turbati e irritati." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 13 marzo 2004)

"Era una sfida coi fiocchi portare sullo schermo 'Non ti muovere', restituirne in pieno la ricchezza di pieghe e di sfumature. Quali imperscrutabili strade possa scegliere l'amore per esprimersi, quali terribili prove e scolte la vita possa riservare. Contro Sergio Castellitto aveva un solo tentativo di regia ('Libero Burro') generoso ma claudicante. A favore: un'autorevolezza come interprete che fa ormai di lui l'erede di Mastroianni. Chissà se a favore o contro, il fatto che il romanzo lo ha scritto sua moglie: complice sicuramente, ma anche guardiana ravvicinata. Il libro è molto famoso e sarà fatale la sorveglianza di chi l'ha letto, apprezzato, amato, su quanto si ritrovi il giusto clima del primo incontro tra Timoteo e Italia, sotto una cappa di caldo soffocante, in una specie di squallida bidonville ai margini della città. (...) Sì, c'è riuscito in pieno Castellitto e auguriamo a questo suo film intenso e ispirato - fino nella scelta delle canzoni: da Cutugno a Vasco, da Leonard Cohen a Lennie Tristano - la meritata fortuna." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 14 marzo 2004)

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