Auditorium di Casatenovo. 50 anni di cinema e teatro

Everest

Sabato 17 ottobre 2015 - Ore 21:00

Domenica 18 ottobre 2015 - Ore 16:00 e 21:00

Everest - Trailer italiano ufficiale

10 Maggio 1996: due spedizioni distinte affrontano la montagna più alta del mondo: il Monte Everest. La natura li punisce, scatenando contro di loro la tempesta più feroce mai vista dall'essere umano. Gli scalatori dovranno superare ostacoli impossibili, contrastare la potenza di una natura maligna, in una corsa contro il tempo per la sopravvivenza. Basato sul racconto di Jon Krakauer, uno dei pochi sopravvissuti.

Il costo del biglietto

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Everest

cinematografo.it - Fondazione ente dello spettacolo ***-- Tragedia sulla cima del mondo: da una storia vera, un resoconto fedele dei fatti. Con un grande cast ma senza guizzi

Pagare 65 mila dollari per avere buone possibilità di morire nel tentativo di scalare la vetta più alta del mondo è un’esperienza che probabilmente la maggior di parte di noi non si sognerebbe neppure di fare. I soldi sono solo l’ultimo dei problemi.

In effetti c’è un’ascetica che rasenta la follia nell’alpinismo ad altissima quota. A 8000 metri d’altezza volano gli Airbus, non camminano gli uomini. Il nostro corpo a quell’altezza inizia a morire.

Ciononostante nella primavera del 1996, sul Campo Base dell’Everest, erano una ventina le spedizioni commerciali pronte a lanciare la sfida alla montagna. Un affollamento che si sarebbe rivelato esiziale.

Il film di Baltasar Kormakur racconta quel che successe in particolare a un paio di loro, l’Adventure Consultants e la Mountains Madness. Entrambe neozelandesi, la prima guidata dall’esperto scalatore Rob Hall e l’altra dal più spericolato Scott Fischer, erano considerate il top dell’alpinismo a pagamento. Non bastò a domare la furia della montagna.

Senza svelare troppo di una storia che molti di voi probabilmente ricorderanno, Everest è il suo resoconto fedele e abbastanza accurato, un cammino di avvicinamento alla tragedia che galleggia tra l’epica e il privato, la retorica della sofferenza fisica e quella di un dolore più intimo, affidata soprattutto al campo/controcampo delle telefonate tra gli scalatori e i familiari rimasti a casa angosciati.

Due strategie retoriche che Kormakur porta avanti affidandosi soprattutto alla performance dei suoi attori, alcune efficaci (Jason Clarke, Josh Brolin ed Emily Watson) e altre meno (Jake Gyllenhaal e Keira Knightley), mentre riserva per sé l’incombenza di far parlare la montagna e farne un personaggio tra gli altri. Compito portato avanti con mestiere ma senza quell’ispirazione che avrebbero permesso al film di fare un deciso salto di qualità.

Se la scelta di non privilegiare nessuno dei personaggi e di allargare le maglie del racconto si rivela azzeccata perché restituisce allo spettatore un po’ di quello smarrimento che si deve provare avventurandosi lassù, l’approccio di Kormakur si rivela soprattutto tecnico, la messa in scena a bassa intensità.

Al filmaker islandese manca il coraggio necessario per assumere un punto di vista sulla vicenda che sfugga alla nuda concatenazione dei fatti.

Eppure in uno dei testi alla base del film, Aria sottile del sopravvissuto Jon Krakauer, spunti e questioni aperte non mancavano: l’eccessivo sfruttamento commerciale dell’Everest, il fanatismo delle sfide ad alta quota, il movente ascetico di un’esperienza fisica estrema, i vari sotto-testi allegorici sulle ambizioni, le miserie, il coraggio e l’incoscienza di ogni essere umano. Tracce possibili che Kormakur indica senza inseguirne nessuna.

Ci sarebbero voluti la sensibilità e lo spirito di un Herzog, il fuoco vivo e la pazzia. Avremmo avuto l’Everest.

A quello di Kormakur manca invece l’articolo determinativo. Non è un difetto da poco.

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La critica

"Molti spettatori lo troveranno solo banale, scontato e non all'altezza delle sue premesse & promesse spettacolari. Chi scrive si ritrova, purtroppo, ad aggiungere il carico di una forte delusione: il thrilling delle imprese d'alta montagna, l'elenco di tanti precedenti di cineteca ('La morte sospesa' su tutti) e l'ingente bibliografia sul tema costituiscono un patrimonio personale custodito gelosamente e nemico di ogni tradimento. 'Everest' (...) non solo è stereotipato, prevedibile e incentrato su meccanismi drammaturgici troppo rozzi, ma non rende per nulla i sensi di mistero e paura con naturali a tutti i tentativi, riusciti o meno, di sfidare l'arrogante inviolabilità e le estreme condizioni di sopravvivenza delle vette più agognate dagli alpinisti. (...) guide interpretate al minimo sindacale da bravi attori come Clarke o Gyllenhaal (...) qualche acrobazia tecnica, poche sequenze impressionanti e una serie di schermaglie, giustificate ma deprimenti, sugli errori clamorosi compiuti dagli organizzatori e la pessima abitudine di sovraffollare per denaro i tetti himalayani di cordate inesperte." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 24 settembre 2015)

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"Piacerà a chi va alla ricerca della vera tensione. E quale tensione è più feroce di quella di chi si trova senza ossigeno a 8000 metri di quota? Da vedere per la suspense, per l'Himalaya in 3D e per la partecipazione (piccola, ma straordinaria) di Keira Knightley." (Giorgio Carbone, 'Libero', 24 settembre 2015)

"Quando uomini e montagne si incontrano nasce l'epica. Quando il cinema incontra le montagne, in genere è film catastrofico. 'Everest' s'aggrappa alla regia spettacolare e agli attori (solo i maschi) bravissimi, e si salva. (...) Da vedere una volta sola, ma non lo dimentichi." (Luigi Mascheroni, 'Il Giornale', 24 settembre 2015)

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"(...) gli interpreti - da Josh Brolin a Jake Gyllenhaal - provvedono a conferire ai personaggi quel tanto di spessore in più; e l'intento del regista Baltasar Kormákur di coinvolgere quasi fisicamente gli spettatori nell'ardua impresa di un gruppo di avventurosi decisi a conquistare la vetta più alta del mondo, può considerarsi riuscita. Nato in Islanda, dove la natura rivela a ogni passo la sua temibile potenza, Kormákur possiede una familiarità con ghiacci e bufere che gli ha permesso di muoversi con agio in set posti ad alta quota (Nepal e Alpi); e di padroneggiare saldamente spericolate sequenze fra cordate e valanghe, precipizi e risalite." ('La Stampa', 24 settembre 2015)

"Ricostruzione, poco thriller, molto mélo, della sfortunata, e colpevole, cordata (...). Impraticabile la location a 8.848, ma con belle sequenze in Nepal fino al campo base, gli attori hanno recitato i quasi novemila tra i confortevoli tremila, in Val Senales. Kormàkur combina la conoscenza di spazi artici e corpi ossidati dal freddo con l'azione dei thriller." (Silvio Danese, 'Nazione-Carlino-Giorno', 25 settembre 2015)

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"Soggetto reale più che attraente per il cinema kolossal 3D, il film è partorito dalle mani dell'islandese Kormàkur, avvezzo a neve, ghiacciai e temperature disumane. Il cast è stellare (...) ma il risultato del blockbuster assai più modesto delle attese. Questo è un peccato perché le sofisticate cine-tecnologie utilizzate e il coraggio di affrontare le riprese sui luoghi originali (alternate alle nostre Dolomiti) potevano incoraggiare verso un impegno maggiore anche nella scrittura, regia e drammaturgia dell'opera. Invece salvo alcune scene ad alto tasso adrenalinico da tenere incollati occhi e occhialini tridimensionali allo schermo, il resto è diluito in una melassa di noia crescente (...). Nelle mani di James Cameron sarebbe stato un Everest titanico, chissà." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 1 ottobre 2015)

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I film della stagione 2015 / 2016


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