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Another Year

Another Year

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Primavera, estate, autunno e inverno. La famiglia e l'amicizia. Amore e comfort. Gioia e dolore. Speranza e disperazione. Fraternità. La solitudine. Una nascita. Una morte. Il tempo passa... Quattro stagioni, un anno di vita di diversi personaggi che ruotano intorno a Gerri e Tom, una coppia felice cui la vita ha regalato tutto: loro figlio Joe, gli amici Mary e Ken, il fratello di Tom, Ronnie, e altri ancora. Ma se la vita dei due coniugi appare perfetta, lo stesso non si può dire per gli altri.

In concorso al Festival di Cannes 2010

Regia: Mike Leigh

Sceneggiatura: Mike Leigh

Montaggio: Jon Gregory

Musiche: Gary Yershon

Jim Broadbent, Lesley Manville, Ruth Sheen, Peter Wight, Oliver Maltman, David Bradley, Imelda Staunton, Martin Savage, Karina Fernandez, Michael Austin, Philip Davis, Stuart McQuarrie

Durata: 129 minuti

Sito ufficiale: www.anotheryear-movie.com - www.bimfilm.com/schede/anotheryear

 Biglietti esselunga Vieni al cinema alla domenica sera - a Casatenovo costa meno Prendi sei e paghi cinque - Tessere a scalare

Valutazione Pastorale (dal sito dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema - ACEC)

Giudizio: Raccomandabile, problematico, dibattiti **

Tematiche: Famiglia; Matrimonio - coppia

Quattro stagioni nella vita di una coppia, e di una casa. E del suo orto. Gerry e Tom coppia felicemente avviata alla vecchiaia, sono il polo positivo, verso il quale convergono e si confrontano tutte le altre polarità esistenziale, negative e deficitarie. Un altro anno é quello che si passa in modo dolce e costruttivo, senza andare a rimorchio del passato ma costruendo giorno per giorno un presente che prepara cose costruttive per il futuro. Gerry e Tom rappresentano l'accoglienza che sorprende e quasi lascia interdetti, la capacità di attraversare senza clamori né pedanterie le fasi inevitabili della vita, una nascita, un matrimonio, una morte. Mary é la solitudine non voluta né cercata e che ti casca addosso quasi senza volerlo. Con tatto e discrezione, non disturbando i ritmi naturali ma rimanendo tra città e periferia, l'autore segue la storia (le storie) come un cronista attento al fluire del tempo, al passare dei mesi, al succedersi di avvenimenti belli e brutti, nella ricerca di quella felicità, che vuol dire consapevolezza di civiltà e maturità sociale. Calda e intensa, la regia di Leigh chiude con una sintesi di indimenticabile efficacia filmica: l'espressione di Mary, ultima dopo il giro attorno al mtavolo da pranzo. Forte richiamo al ruolo della famiglia come motore della quotidianità, il film, dal punto di vista pastorale, é da valutare come raccomandabile, problematico e adatto per dibattiti.

Utilizzazione: il film é da utilizzare in programmazione ordinaria, e in seguito come proposta per avviare riflessioni sui molti temi sopra elencati (famiglia, casa, lavoro, amicizia, sentimenti...)

cinematografo.it - Fondazione ente dello spettacolo ***** Quattro stagioni e cast superbo per inquadrare la vita: Leigh torna ai fasti di Segreti e bugie

Passano le stagioni per Tom e Gerri (coppia ironica e inossidabile già nel nome...), coniugi 60enni che in stabile equilibrio, e nelle piccole cose, portano avanti il loro matrimonio in una bella casetta con orto e giardino nella periferia londinese.

Insieme alla primavera, all’estate, all’autunno e all’inverno, trascorrono anche i rapporti con parenti (il figlio con nuova fidanzata al seguito, il fratello di Tom, da poco vedovo, silenzioso e ferito) e amici abituali, tra i quali l’irresistibile, disperata alcolista Mary (Leslie Manville) e il goffo, simpatico e depresso Ken (Peter Wight).

Mike Leigh ritrova il gusto della sinfonia corale, della quotidianità quale miglior maniera per raccontare l’esistenza, a quasi quindici anni di distanza dal suo film più celebre (Segreti e bugie), lasciando ampio margine di manovra ad un cast superbo che, senza fronzoli, alternando dialoghi brillanti a silenzi ancor più esplicativi, ruota con pari talento intorno a Jim Broadbent e Ruth Sheen, ingegnere geologo lui, psicologa lei, interpreti perfetti di un amore “tranquillo”, reso solido anche grazie all’inesorabile scorrere del tempo: “un altro anno” (come da titolo) diventa dunque insieme all’ambiente predominante (la casa dei due quale punto di ritrovo, l’orto da coltivare simbolo di un processo, anche amoroso, che senza cure non potrà mai dare i suoi frutti) il vero protagonista di una rappresentazione che non parte da A per arrivare a B, ma che fotografa il passaggio, l’ennesimo, verosimilmente non l’ultimo, di un microcosmo scovato e reso nell’intimità delle proprie azioni, emozioni. Che si mantengono sempre a distanza di sicurezza dal sentimentalismo patetico, addirittura rischiando di sembrare sin troppo umane per essere vere. Un “peccato” di perfezione che nulla toglie alla sostanza e all’autenticità del film (in concorso a Cannes lo scorso anno, rimasto ingiustamente a bocca asciutta), dedicato a Simon Channing Williams, storico produttore di Mike Leigh, scomparso nel 2009. (Valerio Sammarco)

La critica

"I personaggi di 'Another Year', il film di Mike Leigh, hanno problemi ben più concreti. La solitudine, la pensione, il difficile rapporto con l'alcool, la quotidianità di una classe media inglese che un tempo era la spina dorsale dell'Impero e oggi, devastata prima dalla Thatcher poi da Tony Blair, si ritrova in ginocchio. (...) Rispetto a 'You Will Meet a Tall Dark Stranger', il film di Leigh è una gradevolissima immersione nella vita vera, vissuta da personaggi veri, interpretati da attori che recitano come respirano. La migliore in campo è la Mary di Lesley Manville, una single troppo amante della bottiglia sul cui tenerissimo primo piano, triste e nonostante tutto speranzoso, si chiude un film splendido." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 16 maggio 2010)

"L'inizio di 'Un altro anno' si riallaccia al film più bello del regista inglese, 'Il segreto di Vera Drake', Leone d'Oro a Venezia nel 2004, col volto ostile e sfuggente di Imelda Staunton, che per quel film finse la coppa Volpi per la miglior attrice. Non la vedremo più nel resto del film, ma è anche la chiave per capirlo: la psicologa che non sa più come incrinare il suo rifiuto di curarsi le chiede cosa vorrebbe, e lei risponde, 'un'altra vita'. Un'altra vita è quella di Gerri e Tom, una coppia sposata da 40 anni che vive in perfetta armonia di gesti, parole e pensieri, dentro l'angusta cucina, la domenica a lavorare insieme nell'orto, i ricordi della giovinezza battagliera in giro per il mondo. Stanno invecchiando serenamente, imbruttendo insieme, continuando ad amarsi e amando il loro buon figlio trentenne. Una vita diversa dalla loro è quella di Mary, collega di Gerri, che trascina la sua bellezza che gli anni stanno spegnendo, nella solitudine, nei rimpianti, nel vino, nelle finta allegria, nelle chiacchiere interminabili, nelle occhiate agli uomini più giovani. Il tempo scorre, primavera, estate, autunno, inverno, il tempo va avanti, va avanti la famiglia, con i suoi fidanzamenti e i suoi morti: un altro anno per tutti, con un futuro per alcuni, e nessuna altra vita per altri (...)." (Natalia Aspesi, 'la Repubblica', 16 maggio 2010)

"Passano le stagioni... primavera, estate, autunno, inverno. (...) Forse riuscire a sconfiggere la solitudine, inventare la complicità di coppia è un po' come battere la morte. Chi ci riesce trasmetterà ai figli forza e consapevolezza. Non ha sceneggiatura preventiva, né ossatura narrativa biologicamente corretta, questo film rigonfio di dialoghi e di psicologia, ambientato, oggi, nei sobborghi di Londra. E ha un budget più basso del solito (meno di 5 milioni di sterline). Prima delle riprese è poi mancato il fido produttore di sempre, Simon Channing Williams, a cui è dedicato 'Another Year' ('Un altro anno'), il nuovo esperimento di recitazione improvvisata, guidato da Mike Leigh, al quinto film in gara a Cannes. (...) Personaggi che, come calamite, rapiscono il pubblico con un nonnulla, soprattutto giganteschi nei silenzi, quando non giocano la palla, e lo conducono, tra inquietudine e preoccupazione, gesti, sguardi e risate liberatorie, in un viaggio al termine delle emozioni. A questo punto Leigh, come un direttore d'orchestra dal tocco impressionista, le addenserà e isolerà, sovrapporrà o districherà lasciando al pubblico, mai distratto dagli incastri dell'azione, il finish interpretativo. Il segreto del cinema di Leigh, unico, è che gli attori vengono progressivamente spogliati della loro corazza, il mestiere teatrale. (...) È per questa quasi magica conquista dei corpi e delle anime degli attori che, anche senza copione solido, Leigh convince sempre." (Roberto Silvestri, 'Manifesto', 16 maggio 2010)

"Splendido, perfetto, universale, raccontato alla vecchia maniera, con personaggi tanto veri e attori tanto naturali che lo spettatore quasi si vergogna a far la parte del guardone. (...) Una nascita, un matrimonio, un funerale: la semplicità fatta film, e solo Mike Leigh sa quanti mesi di prove sono serviti per ottenerla. Merita la Palma d'oro (sarebbe la seconda, dopo 'Segreti e Bugie' nel 1996) e un premio per la migliore attrice da destinarsi a Lesley Manville, imbattibile nella parte dell'amica che cerca un uomo e deve accontentarsi di una macchina usata." ('Il Foglio', 18 maggio 2010)

"Ancora, per Mike Leigh, pagine di vita. Come, anche di recente, ne 'La felicità porta fortuna', candidato all'Oscar 2009, e ne 'Il segreto di Vera Drake', Leone d'oro alla Mostra di Venezia nel 2004. Dalla primavera all'inverno. (...) Con i climi attorno che, anche quando i personaggi parlano molto, sembrano privilegiare solo il silenzio: nelle vite di tutti, nel loro modo di esprimersi, in quelle atmosfere in cui le delusioni, le amarezze e poi anche la morte (da uno ricordata in lacrime, da una altro sofferta nel presente con dignità severa) gravano, ma senza enfasi, per tutta la vicenda, finendo per diventare il colore stesso del film e della sua rappresentazione della realtà umana. Unico segno disteso e sereno, la presenza e i modi della coppia di anziani (Jim Broadbent e Ruth Sheen), non dissimili, per accenti sommessi, dal composto dolore del fratello vedovo (David Bradley). Recitato soprattutto in primo piano." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo Roma', 4 febbraio 2011)

"Delle tante commedie vere come la vita che il regista inglese Mike Leigh ci ha regalato, questa è la più cechoviana per il modo in cui intreccia sui fili del quotidiano il tema dell'aspettativa (vana) di felicità. Cadenzato sui tempi delle quattro stagioni, 'Another Year' si svolge durante altrettanti weekend nella casa dei londinesi Tom e Gerry. (...) Nel film non succede nulla di particolare: incarnati con estrema naturalezza da intonatissimi attori i personaggi si incontrano, chiacchierano, si confessano, ridono, piangono. Chi soffre seguita a soffrire e il segreto della felicità di Tom e Gerry - hanno avuto di più oppure, semplicemente, non pretendono chissà che cosa? - rimane avvolto nel mistero." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 4 febbraio 2011)

"Se il cinema invecchiando diventasse maestro nella difficile arte di invecchiare, per non dire di vivere? Se questo linguaggio fatto di spazio - ma soprattutto di tempo, anche se il tempo è sempre così difficile da filmare - ci mostrasse una santa volta come fare buon uso del tempo che ci è concesso, e anche di quello che ci siamo ormai lasciati alle spalle? Naturalmente Mike Leigh non 'insegna' proprio nulla. Però 'Another Year' e i suoi strepitosi interpreti (...) ci mostrano con concretezza quasi dolorosa, cosa (ci) facciamo quando agiamo in un modo o nell'altro nella nostra vita di relazione, il tutto arpeggiando su una tastiera così ristretta che si stenta a credere possa uscirne una musica così ricca e profonda. (...) Allo straordinario regista di 'Naked', 'Segreti e bugie', 'Happy-Go-Lucky', uno dei più grandi (e dei meno vistosi) della nostra epoca, bastano poche inquadrature per evocare quarant'anni di amicizia, di amore coniugale, o di smarrimenti e delusioni sentimentali. Sempre prendendo il tema di lato, con qualche rapido affondo che scena dopo scena illumina vite, caratteri, scelte ed abbagli dei protagonisti. (...) Affrescando in pochi minuti di ostilità e risentimento decenni di inferno famigliare. Perché ogni scena spalanca un mondo grazie a un sottotesto ricco e vario come il sottosuolo esplorato dal protagonista, e alla bravura meravigliosa degli attori. Che sarebbe un vero delitto vedere doppiati." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 4 febbraio 2011)

"Piacerà a chi da sempre ammira il cinema di Mike Leigh ('Segreti e bugie'), il cantore della piccola borghesia inglese 'senza qualità': Ma questa mediocrità nessuno sa raccontarla con l'affetto e l'ironia del grande Mike che stavolta dipana gli avvenimenti nelle scadenze cekoviane delle quattro stagioni." ('Libero', 4 febbraio 2011)

"Sono persone qualsiasi, fanno discorsi banali: tutto somiglia alla realtà reale, non alla realtà spettacolare. Per un'ora andrebbe bene, per oltre due no. In concorso all'ultimo Cannes, 'Another Year' è uno sfoggio di bravura del regista, dello sceneggiatore e degli attori. Ma solo quello." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 4 febbraio 2011)

"La vita (almeno quella cinematograficamente interessante) non deve per forza identificarsi con il dramma e 'Another Year' cerca di dimostrarlo. (...) L'occhio di Mike Leigh sembra accontentarsi di riprendere i suoi personaggi intorno a un tavolo, in cucina se fa ancora freddo, o in giardino se il sole comincia a scaldare, attento a 'cancellare' ogni possibile elemento oggettivo di tensione: nell'inquadratura ci sono solo le persone, con il loro parlare in libertà, i loro piccoli tic, le loro tensioni nascoste. (...) Leigh mette in campo tutta la sua maestria, nel lavoro con gli attori ma anche in quello di messa in scena perché nonostante la ripetitività delle situazioni - si mangia, si parla, si beve, si ride - ogni inquadratura svela qualche cosa di nuovo delle persone. Esattamente come succede nella vita vera. Il metodo Leigh non consiste nell'ingabbiare i fatti dentro la griglia di un qualche tipo di lettura, privilegiando quello che può aiutare a spiegare o a giustificare il proprio punto di vista, ma piuttosto nel cercare di cogliere dentro le azioni più comuni e quotidiane la scintilla di verità capace di restituirci l'essenza della vita, la sua verità. (...) Mitre Leigh recupera una funzione del cinema sempre più trascurata, che non segue né i dictat delle sceneggiature (...) né insiste troppo sulla 'necessità' della libertà narrativa. (...) Mike Leigh insegue una terza via, più semplice e complessa allo stesso tempo, affidando al lavoro con gli attori e all'attenzione ai fatti marginali il compito di cogliere quella verità che altrimenti rischia di essere schiacciata e distorta da una troppo rigida (e troppo ideologica) sceneggiatura. Apparentemente dimenticando l'urgenza della realtà e della sua lettura politica (...) ma finendo per restituirci uno specchio dove poter finalmente leggere la vita 'vera'." (Paolo Mereghetti, 'Il Corriere della Sera', 3 febbraio 2011)

"Primavera, Estate, Autunno, Inverno. Dopo Kim Ki-duk, la quattro stagioni la serve l'inglese Mike Leigh con 'Another Year'. Protagonisti sono Tom e Gerry (versione umana). (...) Tra qualche esterno e molti interni, sono le loro geometrie relazionali a occupare, intersecare, frastagliare il nuovo lavoro scritto e diretto dal regista di 'Segreti e bugie': film essenzialmente di personaggi e meritoriamente di grandi attori, è il suo migliore da anni ('Il segreto di Vera Drake', 'Happy Go Lucky'), ma non basta a farne un capolavoro. Perché se lo stile non viene meno e tutto - amore e tenerezza, gioia e rivoluzione - viene messo in ironica e colta centrifuga, il film è permeabile alla noia e, complice la circolarità, rischia di mordersi la coda. Domanda a Mike Leigh: che fine fa la strepitosa Imelda Staunton, che apre il film da casalinga disperata e poi scompare?" (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 3 febbraio 2011)

"La poesia della vita che scivola stagione dopo stagione. La storia di un anno condensata in quattro fine settimana, dalla primavera all'inverno. Un tempo che scorre lento nella concretezza di ogni giorno, segnato via via da una nascita, da un lutto, da nuovi amori più o meno sensati, da speranza e disillusione, da amicizia e solitudine, da gioia e dolore. Tutto avviene con una sorprendente naturalezza in 'Another Year', l'ultimo splendido film di Mike Leigh, maestro nel raccontare la vita così come accade. E se poi, come in questa pellicola, sembra non accadere nulla di eccezionale, se non le vicissitudini di tante esistenze che si incrociano nel modesto ma accogliente appartamento londinese di Gerri e Tom - lei psicologa, lui ingegnere geologo, felicemente sposati da quarant'anni, con un figlio di trenta - allora si coglie ancora di più il talento di riuscire a sublimare, nel racconto apparentemente insignificante della quotidianità, forza e debolezza dell'animo umano. Il film non ha storie da raccontare, intrecci narrativi da seguire, ma è il susseguirsi di piccole vicende che offrono uno spaccato realistico della middle class britannica a cui Leigh ha dedicato gran parte del suo lavoro. 'Another Year' ci trasporta nella vita vera, vissuta, quella che fa i conti con il lavoro che non c'è o non soddisfa, con la solitudine di chi non trova la felicità nell'incontro con l'altro, o si era illuso di trovarla sperimentando invece un fallimento di cui porta ancora i segni; quella di chi invece la felicità l'ha trovata nell'equilibrio di un matrimonio che appare perfetto; o ancora quella di chi si ritrova solo per un'improvvisa perdita e non sa che cosa fare. E attraverso questa immersione nel reale spinge a interrogarsi sul valore stesso della vita, sul modo in cui viene vissuta, sul come si può essere felici nella normalità, sulla qualità dei nostri rapporti con chi ci è accanto. Come sempre sceneggiatura e regia lasciano ampio margine di azione agli attori, tutti eccezionali, in una prova che richiedeva grande autenticità, a cominciare dal sempre affidabile Jim Broadbent (Tom), passando per la brava Ruth Sheen (Gerri) fino ad arrivare a Lesley Manville, magnifica nei panni di Mary, single per forza, alla disperata ricerca dell'uomo giusto, un po' svanita e divorata dalla solitudine, che trova rifugio, ma poca consolazione in qualche bicchiere di troppo. Sono loro, insieme ad altri più fugaci ma non meno incisivi personaggi - dall'amico d'infanzia depresso all'anziano fratello vedovo con un figlio detestabile e ribelle - a offrire una verace carrellata di tipi umani capaci di suscitare nello spettatore sentimenti di empatia o repulsione, di ammirazione o commiserazione. Il tutto raccontato da semplici gesti, anche piccoli, da sguardi riflessi in intensi e prolungati primi piani, da dialoghi essenziali a volte al limite dell'ermetismo, da eloquenti silenzi, non di rado imbarazzati e imbarazzanti. Di sicuro Gerri e Tom raffigurano il matrimonio come un porto sicuro per sé, per i propri cari e per le persone vicine, queste ultime quasi alla ricerca del segreto del loro invecchiare armonioso e felice. Per scoprire che forse il segreto è nascosto in quella normalità senza rimpianti che si nutre di amore, di tenerezza, di affetti e di ricordi di una gioventù segnata dai fantastici Sixsties, che si accontenta di quanto possiede, vivendolo come un dono prezioso e non si affanna a cercare un inutile di più. La felicità può essere un piccolo orto da coltivare, una tazza di tè bevuta insieme, un pranzo con gli amici. Qualcosa di rivoluzionario, verrebbe da dire, visti i messaggi che passano oggi. Certo, gli insuccessi di altri fanno da contraltare. Ma è così che vanno le cose, sembra suggerire Leigh. 'Another Year', in lizza agli Oscar per la miglior sceneggiatura originale, è un'opera deliziosa, di grande poesia, anche se alla fine si esce pensando che forse qualche minuto in meno non avrebbe pesato sull'economia del film, salvaguardandolo dal rischio di qualche momento di noia. Ma non è forse vero che anche la vita reale a volte può essere noiosa e che pure nella noia può celarsi un barlume di verità?" (Gaetano Vallini, 'L'Osservatore Romano, febbraio 2011)

Quello che... non abbiamo fatto - I film della stagione 2010 / 2011


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